
Spesso si dice che i centri commerciali sono dei mostri e si punta il dito contro queste creature che mangiano i piccoli animali, una metafora per spiegare che i centri commerciali costringono alla chiusura i piccoli negozi. Ma da circa un anno è in atto un processo inatteso: mostro mangia mostro. Ovvero i grandi marchi aprono e costringono a chiudere altri grandi marchi che si trovano nelle vicinanze. E' il gioco delle parti, senza pietà, che non ammette debolezze: resiste solo il più forte. Ed è così che marchi importanti sono costretti ad emigrare altrove, con la coda tra le gambe, sperando di trovare uno spazio dove sopravvivere, lasciando sul campo enormi capannoni vuoti e dismessi che sembrano giganti dormienti. Ma quello che oggi è il vincitore, ovvero il marchio più forte, il maschio dominante, può diventare in breve tempo la vittima, perchè fagogitato da un "brand" più importante, che apre nella stessa zona. In questo gioco al massacro gli unici a rimetterci sono i dipendenti, che si illudono di aver trovato un lavoro, una stabilità economica e sono invece costretti ad interminali file davanti agli uffici della mobilità, tra avvocati, sindacalisti e datori di lavori fantasma. L'ennesima umiliazione per l'anello più debole della catena, l'unico produttivo di fatto, un'offesa costruita da un mondo del lavoro oramai allo sfascio, come ben dimostra l'ultimo contratto del commercio, che ha riportato indietro i diritti dei lavoratori di circa un secolo. Vergogna...
Io sono una delle vittime di cui sopra. La mia azienda, una grande azienda, ha chiuso, perchè è stata sconfitta dall'apertura di un centro commerciale, simile al nostro, ma che in questo periodo va più di moda... Ma tanto la crisi non esiste, dice qualcuno...
RispondiEliminaNicola Piovati
Ciao Gianni, ti avevo già esposto le mie sensazioni dopo aver letto il tuo libro. Questo episodio aggiunto mette il dito in una piaga che, temo, è destinata a divenire cancrena. Il mondo del lavoro è davvero allo sfascio e non c'è la volontà di cambiare le cose, da parte di nessuno. Personalmente, per cercare di risolvere la mia situazione con F. (lei di Varese io di Verona) ho dovuto aprire partita IVA e mettermi in proprio. Trovare lavoro dalle sue parti mi è stato impossibile, nemmeno come lustrascarpe. Non ho più nessuna sicurezza in prospettiva, niente ferie, niente malattia. Ma poi chi se ne frega di questo, mi basterebbe sapere che avrò lavoro con una certa costanza, ma è utopistico. Cerco di raccogliere di tutto... per ora và. Mi accompagna sempre la salute e il rock. E domani sarà un altro giorno...
RispondiEliminaRoberto Zingarlini
Sono d'accordo Roberto, dobbiamo fondare tutto sulle poche certezze che abbiamo, le persone che ci vogliono bene, gli amici e poco altro.
RispondiEliminaE domani è un altro giorno....
Un abbraccio.
Gianni
Che triste constatare che non gliene frega niente a nessuno. Due commenti due... su un argomento importante, su un libro coraggioso e diverso dai soliti clichè... ci stiamo rinchiudendo in noi stessi, e se nemmeno una delle poche finestre che ci permette di rimanere in contatto (FB), riesce a sensibilizzarci e a farci tirar fuori qualcosa di quel che abbiamo dentro, anche solo per un amico, vuol dire che, lentamente ma inesorabilmente, dentro non ci sta rimanendo più nulla... questo è veramente triste...
RispondiEliminaRoberto Zingarlini
Caro Roberto, ho come l'impressione che tutti dobbiamo dire qualcosa, ma nessuno vuole più ascoltare. Io sto cercando di fare di meno e recepire di più. FB è uno spazio per dar voce al nostro bisogno di esprimersi, ma nessuno (o quasi) lo usa per ascoltare, ma solo per dire, dire, dire, proporre... Grazie comunque della solidarietà!!
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